Venerdì 2 Ottobre 2020: la Confraternita Dogale della Marca ha partecipato alla cena del “Bisato” presso il Ristorante Porta Rossa a Biancade di Roncade (TV). Il “bisato”, conosciuto nel resto d'Italia come anguilla, è un pesce tipico Veneto con delle radici molto antiche, sviluppatosi nella zona dei casoni delle valli dove si pescava. Appartenente alla famiglia degli Anguillidi, presenta un corpo molto lungo, a sezione rotonda. I maschi possono raggiungere una lunghezza di 50 cm, mentre le femmine possono raggiungere i 150 cm e pesare fino a 6 kg. Anche se la “leggenda” vuole che ad un determinato momento della loro vita tutte le anguille delle acque dolci europee abbandonino i fiumi e si dirigano verso il mare per raggiungere poi il Mar dei Sargassi (oceano Atlantico) per deporre le uova in primavera, l’allevamento, incentrato nelle valli del Po e della laguna Veneta, è il sistema più utilizzato per la produzione di questo pesce. La vallicoltura costituisce una delle forme più antiche di allevamento ittico in Italia, le cui origini si possono far risalire ai primi rudimentali sistemi di stabulazione ed ingrasso del pesce messi in atto lungo le coste tirreniche dagli antichi romani e, prima ancora, da etruschi e fenici. Il paesaggio del territorio del delta del Po e della laguna veneziana, vede una diffusa presenza di valli da pesca di acqua salmastra, poco profonde, in parte di origine naturale, in parte dovute all’intervento dell’uomo, trasformando queste aree in zona per la pesca. A partire dalla seconda metà dell’Ottocento gli interventi di bonifica determinarono una notevole contrazione delle superfici acquee investite a valle, che furono in parte convertite all’agricoltura, tuttavia il Veneto resta la prima regione italiana per estensioni vallive. La pesca viene esercitata con sistemi tradizionali, e riconducibili ad una metodologia che affonda le sue radici in secoli di tradizione peschereccia. L’anguilla vive liberamente, nelle valli naturali o artificiali, nella zona del delta dove penetra naturalmente o viene immessa artificialmente dopo essere stata pescata allo stato di “cieca”, da pescatori specializzati, nelle zone di foce di vari fiumi lungo le coste italiane. Il ciclo produttivo in una vallicoltura di tipo tradizionale inizia con la semina degli stadi giovanili delle specie ittiche. Il “novellame” seminato un tempo proveniva totalmente dalla “montata” naturale, attualmente si sopperisce alle maggiori esigenze dell’“impescimento” con avannotti appositamente pescati dai “pescanovellanti”, o riprodotti in avannotterie. La pesca dell’anguilla avviene esclusivamente con attrezzi da posta. In particolare essa viene pescata con “bertovelli” durante il periodo autunnale e “tressi”, ovvero attrezzi da posta fissa durante i periodi primaverile, estivo ed autunnale. Le anguille vengono pescate e immediatamente avviate al commercio ancora vive. La carne dell’anguilla è gustosa ma grassa (circa 24 g di grassi su 100 g di prodotto fresco) e contiene molte vitamine e fosforo. Può essere consumata in diversi modi: arrosto, lessa, fritta, affumicata ovvero in “saor” (ricoperta da abbondante soffritto di cipolla). Gli esemplari di dimensioni maggiori (femmine) sono molto apprezzati in cucina e vengono preparati arrosto, in umido, ma soprattutto alla brace, che permette la colatura del grasso in eccesso, ne garantisce una più elevata digeribilità, mentre quelli più piccoli solitamente si utilizzano in frittura. E’ un pesce noto in tutto il mediterraneo ed anticamente, vista la sua somiglianza al serpente, si riteneva che consumarlo fosse un modo per propiziarsi il nuovo anno e allontanare il male, tanto che ancora oggi viene destinata tipicamente al consumo nel periodo natalizio. Tornando alla serata, dopo un brindisi di benvenuto con un Prosecco di Valdobbiadene effettuato nel pieno rispetto delle regole Covid19, il patron e chef Mirco del ristorante Porta Rossa ha proposto il seguente spartito: risotto col bisato, bisato in tecia (in umido) con polenta e bisato fritto. I piatti sono stati accompagnati da un Bardolino Doc e da un interessante metodo classico Trento DOC. Al termine della serata, prima dei saluti, il Presidente Danesin a nome della Confraternita ha ringraziato lo chef e la brigata di cucina e sala per l’ottima qualità della proposta e l’eccellente servizio, omaggiando i rappresentanti del Ristorante con il piatto ricordo  della Confraternita.
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