Articolo a cura di Morello Pecchioli

Nel Veronese del secondo dopoguerra alcune famiglie vendevano il mix di oli vegetali spacciandolo per la parte grassa del latte.
Tra gli ignari clienti, anche rappresentanti della nostra neonata Repubblica. Un raggiro alla De Curtis raccontato da Cesare Marchi.

S’intitola Margarineide ed è una sorta di poema epico-comico-musicale in salsa veronese. Come rivela il titolo, protagonista del carme è la margarina. Il periodo in cui si svolgono i fatti è quello che va dall’autarchia, predicata da Mussolini in risposta alle “inique sanzioni” inflitte all’Italia dalla Società delle Nazioni per l’espansionismo fascista, all’immediato dopoguerra. Il poema sul grasso condimento fu rappresentato da una compagnia di giovani che festeggiarono la fine della guerra e la libertà nel teatro di Villafranca, paesone alle porte di Verona, con questo lavoro in versi che portava la firma di un professorino destinato a diventare, di lì a pochi anni, uno dei giornalisti e scrittori di best seller più celebri del periodo d’oro della stampa italiana: Cesare Marchi. Cesarino, come era conosciuto nel borgo natìo e come lo chiamavano gli amici Indro Montanelli ed Enzo Biagi, limò lo stile e l’ironia, frusta della sua penna, in testi teatrali giovanili prendendo di mira i peccati di quei suoi compaesani, furbetti come Bertoldo, che campavano di imbrogli alle spalle di ingenui creduloni. Una sorta di Totòtruffa. Solo che al posto di vendere la Fontana di Trevi vendevano margarina spacciandola per burro.
Nella Margarineide Marchi ripercorre queste storie con dissacrante umorismo obbedendo al suo motto preferito: Castigat ridendo mores. Villafranca, sentinella prima scaligera e poi veneziana, posta sul confine con la terra dei Gonzaga, era da secoli un luogo di passaggio delle genti e il regno di traffici più o meno legali. Fu così che tra la fine della guerra e l’immediato dopoguerra prosperò l’industria del falso burro che coinvolgeva famiglie impegnate nel confezionare panetti di finto burro, nei quali, di burro, c’era solo il sottile velo steso sopra ai mattoncini di margarina confezionati a parallelepipedo o a cilidro. A spacciare il surrogato del burro erano i “corrieri” che da Villafranca, a piedi, in bicicletta o con sgangherate motociclette, raggiungevano i paesi e le città vicine per servire gli affezionati clienti. tra essi spiccavano illustri rappresentanti della neonata Repubblica.
È arrivato il momento di riportare una delle spiritose strofe della Margarineide. L’ideale sarebbe cantarla sulle note di Signorinella pallida, nostalgica canzone gorgheggiata da Carlo Buti nel 1931. Chi vuole godere in pieno l’ironia del giovane autore può ascoltare Signorinella pallida su YouTube e ricantarla usando il testo di Marchi: «Margarinella pallida / dolce compagna dello zafferano / tu certo appartieni all’aeronautica / perché friggendo voli assai lontano. / Il mio piccino / cuocendosi due uova al tegamino / per poco l’occhio destro non perdè / eppure c’era scritto “Burro Autentico” / chissà, chissà perché». Il riferimento ai micidiali schizzi bollenti che saltavano fuori dalla padella dove friggeva il falso burro si spiegano con l’altra furbata dei margarinari villafranchesi, quella di aggiungere al composto più acqua del necessario.

La margarina nasce francese grazie ad un imperatore e ad un farmacista. Fu Napoleone III, l’imperatore prima amato e poi vituperato dagli italiani per aver interrotto la seconda guerra d’indipendenza proprio a Villafranca (ma guarda un po’ che coincidenza), a favorire la scoperta della margarina. A quei tempi, siamo una quindicina d’anni dopo la metà dell’800, la Francia era scarsa di alimenti e assai carente di burro che, per questo motivo, costava parecchio e pochi potevano permetterselo. Bonaparte cercò di correre ai ripari prima che gli scoppiasse una rivoluzione sotto i piedi. Intraprese una politica economica per risolvere il problema della scarsità di cibo e sollecitò chimici, ricercatori e studiosi a creare nuove tecniche alimentari. Per trovare un sostituto del burro bandì un concorso che dotò di un ricco premio. L’avrebbe consegnato personalmente a chi avesse scoperto una sostanza grassa meno costosa del burro e più facile da conservare nelle povere credenze popolari, nelle stive dei vascelli dell’imperiale flotta e da servire nelle gavette dei soldati come fonte di grassi. I cervelloni chiamati all’impresa dovevano inventare un sostituto gradevole del burro, a buon mercato e ben conservabile. Vinse il concorso il cinquantaduenne Hippolyte Mège-Mouriès che da anni si occupava di ricerche in campo alimentare ottenendo un successo dopo l’altro tanto che aveva avuto dallo stesso Napoleone III due medaglie d’oro e la Legion d’Onore per le scoperte legate alla maggior produzione del pane, alla raffinazione dello zucchero e alla maggior salubrità del cioccolato. Hippolyte Mège-Mouriès era il cavallo sul quale puntare. L’ex farmacista vinse la sfida proposta dall’imperatore. Nel 1869 mescolando sego bovino con latte scremato inventò l’oleomargarina così chiamata, spiega Renzo Pellati ne La storia di ciò che mangiamo, «perché il grasso in emulsione appare al microscopio come una perla. In greco, infatti, “margaron” significa perla». La perla di Mège-Mouriès portò i frutti sperati da Napoleone III che ebbe la soddisfazione di sentire battezzare il nuovo grasso “beurre de Napoleon III”. Una soddisfazione che durò poco: la sconfitta contro i Prussiani nel 1870, la conseguente prigionia e l’esilio lo portarono ben presto alla tomba (1873). La scoperta della margarina portò vantaggi ai proletari, ai soldati e alla marina francese che imbarcò sulle navi un grasso che non irrancidiva velocemente come il pregiato burro.
Le margarine prodotte oggidì in Italia sono di origine vegetale, ottenute da oli provenienti da vari paesi del mondo: olio di palma, di soia, girasole, cocco, mais, arachide e cotone. Anche dai vinaccioli dell’uva si può ricavare un olio per fare la margarina. La parte grassa riguarda l’80-85 per cento del prodotto, quella liquida (acqua, latte) la percentuale rimanente. Ci sono margarine ottenute dal grasso animale: la legge permette l’uso del sego, il grasso di bovini e ovini, per le margarine impiegate in pasticceria. Il che significa che nonostante la stragrande maggioranza degli italiani non usi la margarina, o la usi poco, per preparare frittate, pastasciutte, risotti, consumi ugualmente un bel po’ di questo prodotto (si calcola circa il 60 per cento) mangiando biscotti e dolci di produzione industriale.
Come mai siamo così ostili alla margarina quando in Europa e nel mondo, vedi Olanda, Germania e Stati Uniti, se ne consuma assai di più? Le statistiche dicono che gli olandesi, che sono i maggiori mangiamargarina del vecchio continente, ne consumano più di 15 chili pro capite; i tedeschi 9; gli inglesi 7. Addirittura, negli Usa si usa più margarina del burro. I motivi sono diversi. Uno riguarda la storia della cucina italiana che da secoli (da millenni se consideriamo antenate della nostra gastronomia anche le cucine etrusca e romana) adopera con grande soddisfazione e gusto olio d’oliva, burro, lardo e, molto usato dalla civiltà contadina, lo strutto. Un’altra ragione riguarda la dietetica: molti medici, nutrizionisti, comunità e associazioni che predicano il cibo sano e buono hanno dichiarato guerra alla margarina che, sostengono, fa male alla salute. Altri, nella scelta tra burro e margarina, dicono che è meglio il primo in quanto naturale mentre la seconda è figlia della chimica. Altri ancora accusano il processo di idrogenazione, scoperto all’inizio del ‘900, di creare gli acidi grassi trans responsabili di malattie cardiovascolari. Questo modo di fare la margarina è stato abbandonato per altri metodi più sicuri, quale il frazionamento degli oli vegetali. Ed è altrettanto vero che la margarina non è più quella di una volta. Oggi si parla di condimento spalmabile a base vegetale. Dopo 155 anni dalla sua invenzione la margarina è entrata nella dieta vegana. Basta non usare il latte nella parte acquosa.

RESTIAMO IN CONTATTO

Federazione Italiana Circoli Enogastronomici

CONTATTI

Sede Ufficiale: c/o VERONAFIERE
Viale del Lavoro 8 – Verona
Sede Operativa: Via Grimaldi 3 – 28100 Novara

E-mail: presidente@confraternitefice.it

Telefono: 333 7909361

© 2023 F.I.C.E. – Cod. Fiscale: 03522480239 – Designed by Daimon Art Agenzia Web