IL LATTOSIO


Articolo realizzato da Ugo Bonazza

 

 


Essere maestro assaggiatore e docente Onaf, avere una formaggeria con un centinaio di formaggi nel banco, avere tre splendidi figli teen-ager che dopo aver fatto il Breath-test si scoprono tutti e tre intolleranti al lattosio, una qualche riflessione sulle punizioni del buon Dio la fai anche se subito dopo capisci che i puniti sono i figli.

Da qui parte la mia ricerca, conosco il lattosio, durante i corsi Onaf spiegano che è lo zucchero del latte, spiegano che dopo sei mesi di stagionatura nel formaggio rimangono solo tracce di lattosio, ma queste nozioni non mi appagano e a questo punto sento il desiderio di andare più a fondo, ho bisogno di unire la scienza con il percepito e la psico – sintomatologia.

Andiamo con ordine: cosa è il lattosio? È un componente del latte, il quale dal punto di vista nutrizionale apporta principalmente 4 tipi di nutrienti:

– Lipidi (trigliceridi e colesterolo)

– Protidi (caseine, albumine e globuline)

– Glucidi (essenzialmente lattosio un disaccaride composto da glucosio e galattosio)

– Sali (calcio, fosforo ecc.)

Ma io, che dei lipidi protidi ecc. non ci capisco molto, voglio sapere cosa possono mangiare i miei figli, approfondisco e scopro che le 2 figlie sono intolleranti e sintomatiche mentre il maschio risulta intollerante ma è asintomatico, cioè, può mangiar quasi tutto senza avere i sintomi dell’intolleranza. Andiamo avanti per scoprire sempre più sul lattosio e partiamo dall’analisi dei vari tipi di latte e formaggi, vaccino, ovino, caprino e bufalino che ci sono in commercio. Tutti hanno un contenuto di lattosio abbastanza elevato, quindi sfatiamo subito la leggenda metropolitana che il latte di capra non contiene lattosio e non crediamo a chi ci dice che i formaggi di capra a loro non danno problemi.

Chi afferma di essere intollerante al lattosio però il latte di capra non gli crea problemi sicuramente non ha fatto il Breath-test. A scanso di equivoci provo far mangiare alle mie figlie il formaggio di capra, niente da fare stesso effetto del vaccino, per fortuna ho due bagni.

Continuando la mia ricerca scopro che hanno cominciato a produrre il latte senza lattosio e corro ad acquistarlo: leggo l’etichetta che mi dice, tralasciando gli altri ingredienti, che il lattosio<0,5 (Inferiore allo 0,5%). Lo porto a casa felice di poter dare il latte alle figlie, alimento importantissimo in età adolescenziale, ma aimè anche questo non ha gli effetti sperati in quanto ha conseguenze sgradevoli. Proseguo la ricerca scientifica sul lattosio e voglio capire perché il latte, alimento per eccellenza dell’infanzia, poi crea tutti questi problemi e scopro che il lattosio è uno zucchero complesso che per essere digerito deve avvenire, all’interno dell’intestino, la b-galattosidasi o lattasi, questo termine mi piace di più, in pratica quando avviene la lattasi il lattosio si divide in 2 zuccheri semplici glucosio e galattosio che vengono tranquillamente assorbiti dal corpo senza creare disturbi vari.

Nel frattempo, è entrato in produzione un latte con un lattosio <0,1 (inferiore allo 0,1%) e questa volta le mie figlie gioiscono in quanto possono nuovamente bere il latte. Giunto a questo punto voglio sapere quale sia il procedimento di separazione del lattosio in galattosio e glucosio perché non vorrei che tale procedura facesse più male dei benefici apportati. Vivendo nel mondo del formaggio, quindi del latte, riesco nell’arco di un qualche giorno a trovare un’azienda che trasforma il latte in latte delattosato.

Vado a visitare l’azienda parlo con l’addetto alla produzione, il quale mi spiega il procedimento della lattasi “Il processo chimico di idrolisi lattica avviene mediante l’utilizzo di enzimi specifici; tra questi i più utilizzati sono:

  • Lattasi di lieviti:

Kluyveromycesfragilis o Saccharomyceslactis

  • Lattasi fungine:

Aspergillusniger, Rhizopusoryzae, ecc.

Per quanto il risultato finale sia lo stesso, il procedimento tecnologico-alimentare da applicare, qualora si utilizzi l’uno o l’altro enzima, deve tener conto almeno di due fattori: pH e temperatura. Le lattasi dei lieviti agiscono infatti a pH neutro ed a temperatura media, mentre quelle fungine agiscono in un mezzo acido ed a temperature elevate

In pratica il latte passa su delle piastre irrorate di lieviti ad una temperatura di 40°ca, e una acidità a ph neutro mentre la lattasi fungina avviene ad una acidità e temperatura elevata quindi non utilizzata. Oltre questi due metodi di trasformare il lattosio ve ne è un altro, il più semplice, con un trattamento termico che consiste nel portare il latte ad una temperatura tra i 110°e i 130°.

Purtroppo, in questo caso il latte oltre che perdere gran parte delle sue caratteristiche organolettiche cambierebbe anche il sapore. Ne consegue che questa procedura non viene utilizzata.

A questo punto, finalmente a casa Bonazza tutti ricominciano a bere il latte ma… i formaggi? Naturalmente i formaggi più amati in famiglia, cioè i freschi, sono da bandire e quindi andiamo a scegliere i formaggi a lunga stagionatura magari semi grassi a pasta cotta e ci accontentiamo del Grana Padano dop riserva di oltre venti mesi di stagionatura o del parmigiano reggiano dop con stagionature sopra i ventiquattro mesi.

Non sono però solo questi gli unici, constatato che i caseifici italiani producono una vasta e ottima gamma di prodotti tipici stagionati oltre i diciotto – venti mesi.

Viste le richieste del mercato ora anche i formaggi freschi vengono prodotti con latte senza lattosio per la gioia degli intolleranti, ma a coloro che mangiano i formaggi senza lattosio per dimagrire devo dire che non sono meno calorici degli altri e se vogliono mangiare un latticino si ricordino che il formaggio è l’alimento trasformato più antico di cui l’uomo si nutre, quindi non è il formaggio che fa male, bensì le grandi quantità di lattosio che ingeriamo fin da piccoli attraverso le merendine confezionate, i salumi cotti o crudi non di qualità che hanno bisogno della dolcezza del lattosio per risultare mangiabili o nei prodotti surgelati già pronti così comodi ma…. impariamo a leggere le etichette!!!

 

Bibliografia:

Scienza del latte. 3°Edizione C. Alais – Tecniche nuove

Chimica e tecnologia del latte – C. Corradini – Tecniche nuove

 

Articolo pubblicato sulla rivista “NUOVA ENOFICE n° 2020.02” che potete trovare alla sezione “rivista” su questo portale